
Inizio congresso Radici nel Futuro
Di Mauro Uniformi, Presidente CONAF
Futuro. È una parola tanto positiva e abusata che sta perdendo di senso. Noi però – volutamente – l’abbiamo messa nel titolo di questo XIX congresso, perché raffigura lo stimolo a stare al passo con i tempi e, spesso, anticiparli, cosa che noi dottori agronomi e dottori forestali sappiamo fare da 100 anni, anzi da ben prima.
Come abbiamo detto – e fatto – in questi anni, abbiamo posto la nostra professione al centro delle tematiche più stringenti: dalla sostenibilità ecologica ed economica, alle riflessioni sui fenomeni di inurbamento e di vivibilità delle città, passando per la necessità di restare al passo con l’innovazione tecnologica, senza scordare, naturalmente, la salvaguardia della biodiversità e la tutela degli ecosistemi.
Le sfide che abbiamo accettato nell’ultimo decennio, da Perugia a Firenze passando per Matera, restano tutt’ora valide e continueranno a caratterizzare il percorso quotidiano del nostro ordine.
A Firenze (XVIII Congresso – 2022) giungevamo dopo il biennio del COVID che aveva cambiato il modo di interpretare la globalizzazione e vivevamo gli albori di una guerra in Europa, con la speranza che si concludesse in brevissimo tempo.
In questi 3 anni la guerra in Ucraina prosegue, conflitto a cui si sono sommate le vicende in Israele e Palestina, per restare nel Mediterraneo, e ci troviamo a vivere in un’Europa che si prepara a investire
conseguentemente in una difesa armata. La politica dei dazi ha fatto trepidare le filiere commerciali fin nelle fondamenta, compresa quella a noi più prossima: quella agroalimentare.
È evidente che non si può pensare che “il peggio sia passato” né auspicare un ritorno a una normalità del passato. Queste trasformazioni, così repentine, inattese e radicali hanno cambiato la realtà a cui credevamo di essere abituati e dobbiamo essere consapevoli che la cambieranno ancora.
Ecco perché dico che è passato il tempo delle soluzioni ordinarie, del qui e ora. Adesso serve uno sguardo più lungimirante.
IL RUOLO SOCIALE
Il Congresso che abbiamo pensato non è un luogo in cui parlare di chi siamo, in cui fare passerelle autocelebrative.
Qui non vogliamo e non dobbiamo parlare dell’oggi, delle conquiste fatte, il XIX Congresso dottori agronomi e dottori forestali vuole essere un laboratorio in cui immaginare il nostro ruolo sociale e cosa diventeremo, capire come si trasformerà il nostro mondo e la professione, ma soprattutto cosa lasceremo in eredità alle generazioni future.
Per anni, anzi per decenni, la professione si è definita nel tratteggiare il perimetro delle competenze specialistiche. È stato un approccio in linea coi bisogni del tempo, ma che ora offre risposte insufficienti.
Oggi c’è la necessità di affrontare con competenze trasversali e olistiche i problemi complessi.
Oggi la trasformazione è accelerata dalle nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, e la velocità nell’evoluzione dei processi produttivi ha raggiunto ritmi esasperati.
Oggi la modellabilità del percorso formativo sia universitario che lungo la vita professionale caratterizza in modo dinamico la figura professionale.
Oggi, i repentini cambiamenti della società diventano elementi che coinvolgono e ridefiniscono anche la figura dello specialista. Uno specialista a cui – oggi – è chiesto di operare con la consapevolezza della funzione sociale che ricopre, integrando e andando oltre i meri aspetti tecnici.
Oggi siamo qui, in questo XIX Congresso, per confrontarci sul ruolo sociale che il professionista esercita nello sviluppo del Paese, dell’Europa e di un mondo globalizzato.
Oggi siamo qui per portare in evidenza la nostra capacità di garantire la disponibilità di servizi essenziali per la comunità e per mettere al centro della riflessione la nostra capacità di agire considerando impatti e disparità prodotte.
Vogliamo far emergere la nostra capacità di integrare la valutazione tecnico-specialistica con risvolti etici quali l’inclusività, l’equità, il benessere sociale che siamo capaci di originare.
Vogliamo sottolineare la nostra capacità di indirizzo di uno sviluppo durevole, basato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale, in cui gli strumenti della finanza possano svolgere funzione di sostegno anziché fine ultimo.
IL PROGRAMMA
Se avete fatto caso, la struttura del programma dei 3 giorni si sviluppa come un percorso ricco di stimoli di scenario, di nuovi punti di vista, di visioni prospettiche.
Le 2 tavole rotonde, 1 in apertura e 1 in chiusura, racchiudono le 4 tesi che abbiamo posto agli angoli della cornice della nostra professione. E, all’interno di ogni tesi, si specchiano gli interventi dei 3 relatori esperti con i contributi dei territori, in cui lo sguardo esterno e complementare al nostro fa da contraltare agli spicchi di esperienze professionali delle case history.
Un percorso che si snoda con riferimenti ai temi globali e alle ricadute locali, per costruire una consapevolezza di categoria, anzi di comunità, sull’importanza della nostra azione quotidiana.
Sì, perché l’Ordine professionale, che oggi al Congresso vive il suo momento istituzionale più importante, deve essere inteso da ogni iscritto come un laboratorio del pensiero che ci caratterizza in quanto comunità.
In un mondo che cambia con trasformazioni repentine c’è bisogno di riscoprirsi in un insieme più ampio, di sapere che, come categoria professionale, offriamo il nostro contributo allo sviluppo del Paese e che, con il lavoro di ogni iscritto, possiamo indirizzare questo sviluppo.
LE QUESTIONI CONTEMPORANEE
Questo “volare alto” però non è fine a sé stesso: ha senso solo se abbinato a “una messa a terra”.
Permettetemi, dunque, una digressione sulle questioni contemporanee, che però impattano sugli strumenti a disposizione per ottenere gli obiettivi appena espressi.
Mi riferisco alla riforma delle professioni, attualmente delegata al Governo, da noi a lungo sollecitata ed attesa. Essa dovrebbe – finalmente – far chiarezza su competenze e attività, in quanto a volte si è resa artatamente e malevolentemente nebulosa, a danno dei cittadini e, soprattutto, per i nuovi futuri giovani colleghi.
Una confusione da cui si originano fraintendimenti con effetti di lungo periodo e che indirizza verso un indesiderabile livellamento tecnico verso il basso, mischiando ad esempio percorsi di formazione intermedia con quelli di alta formazione (laurea magistrale o quinquennale).
Abbiamo, invece, bisogno assoluto di valorizzare la formazione e le qualità dei nostri ragazzi. Dobbiamo garantire loro chiarezza sul futuro, sulle potenzialità offerte dalla professione, sul ruolo e sulle aspettative che dovranno rispettare. Ma lo potremo fare solamente se saremo capaci di coinvolgerli in laboratori – utilizzo nuovamente e volutamente questo vocabolo – che stimolino la crescita personale e di categoria.
Da questa riflessione discende una richiesta, più volte ribadita e tutt’ora inascoltata, alla politica: la riduzione del complesso normativo e la semplificazione delle procedure amministrative a carico dell’istituzione ordinistica, che ricordo essere ente pubblico non economico.
Una richiesta reiterata innumerevoli volte, su diversi tavoli, che speriamo con la riforma possa vedere compimento. Una richiesta che, sommando le tante, troppe inutili incombenze si trasforma in una pesante zavorra che consuma ogni vigore.
Oggi, purtroppo, è triste affermarlo, le enormi potenzialità del sistema ordinistico sono rese asfittiche e difficoltose dalle energie assorbite dalle procedure amministrative, spesso totalmente fine a se stesse.
Zavorre che vanno eliminate, pena un rallentamento che non ci possiamo permettere.
Da parte nostra, in questi mesi e anni, abbiamo attivato un percorso interno di messa in efficienza, per rinforzare le azioni a maggior valore aggiunto per gli iscritti con sinergie ed economie di scala.
Su questo binario si colloca l’organizzazione periferica dell’Ordine, pensata per rispondere ai bisogni di un tempo diverso dal nostro e rivoluzionata dalle nuove tecnologie e dalle nuove abitudini.
Ecco che, fino a che l’organizzazione periferica dello Stato è su base provinciale, non ci sono consentite fughe in avanti con una riorganizzazione interna ripensata con lo sguardo unicamente rivolto agli attuali bisogni e alla crescita della categoria.
GIUBILEO
Infine, non posso esimermi dal fare un riferimento alla giornata odierna, con la ricorrenza del Giubileo agroalimentare che, dopo le celebrazioni religiose di questa mattina, assumono forma nella componente professionale.
Anche se ci troviamo nella prima giornata di Congresso dei dottori agronomi e dottori forestali, questa è – e dev’essere – una giornata che raccoglie gli stimoli delle tante anime che operano lungo le filiere
agroalimentari, zootecniche e forestali. È per noi un onore che qui ci siano tutte le diverse parti di questo complesso puzzle.
Abbiamo la componente politica, con il Ministro Lollobrigida e il sottosegretario Gemmato a rappresentare il Governo e le componenti della politica amministrativa, con il Presidente Aurigemma e il Consigliere Sambucci per la Regione Lazio, con l’assessora Alfonsi del Comune di Roma e l’assessore Costa del Comune di Fiumicino.
C’è la parte tecnica, qui presente con le agenzie dello Stato come ISMEA, AGEA, che col loro operato rendono operative le politiche.
Abbiamo l’Arma dei Carabinieri, fondamentale nelle operazioni di controllo e prevenzione delle frodi, oltre che di salvaguardia dell’ambiente e delle foreste.
Abbiamo la componente della ricerca, con il CREA, il CNR, le università, le società scientifiche e le Accademie. Presenza che idealmente si completa con i delegati delle associazioni studentesche, che rappresentano il vivaio della categoria.
Con piacere accogliamo il neopresidente di EPAP, la nostra cassa previdenziale: averlo qui è la figurazione della stretta collaborazione tra i nostri due organismi, così necessaria per sviluppare strumenti di welfare per una società che vive un profondo cambiamento sociodemografico e che possano essere di tangibile supporto ai giovani professionisti.
Siamo lieti di vedere i rappresentanti del mondo industriale e della finanza, tassello fondamentale di questa filiera economica.
Infine, ringrazio per essere presenti i rappresentanti delle organizzazioni di categoria e delle organizzazioni delle professioni tecniche.
La conclusione di questa carrellata l’ho lasciata volutamente al ringraziamento al direttore generale aggiunto delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, Maurizio Martina, e al Mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente Santa Sede presso FAO, IFAD e WFP che ci ospitano in questa prestigiosa sede, offrendoci la perfetta cornice per sviluppare le suggestioni sul nostro ruolo in un mondo connesso e globalizzato.
A voi tutti rinnovo l’invito proposto lo scorso anno, in occasione delle celebrazioni del nostro centenario: siamo parti complementari di uno stesso mondo, operiamo in ambiti contigui e siamo portatori di interessi vicini e se sapremo mischiare nelle giuste quantità e modalità le nostre energie, potremmo raggiungere risultati memorabili.
Ai miei colleghi, invece, dico: abbiamo molto lavoro da fare. Da qui partono tre giorni di lavoro, che mi aspetto essere intenso e proficuo, ricchi di contributi stimolanti, puntuali, arricchenti. Dobbiamo essere ambiziosi e proporre un modo completamente nuovo di essere categoria professionale.
Sono certo che venerdì sapremo trovare delle sintesi tutt’altro che ordinarie, che renderanno la Carta di Roma un documento di indirizzo di una categoria visionaria, una categoria capace di anticipare il futuro anziché rincorrerlo.
Buon lavoro a tutti